Una Spada per Kamui

“L’invincibile ninja Kamui” (忍風カムイ外伝 Ninpū Kamui Gaiden)


Se parliamo di Anime al giorno d'oggi, ciò che si manifesta nella mente di un appassionato è un tornado spaventoso. Troppi titoli, troppi autori per sceglierne uno così su due piedi. "Qual è l'anime che preferisci?" A questa domanda raramente corrisponderà una risposta immediata: tre secondi, almeno tre saranno necessari per selezionare la risposta giusta. Dragonball, One Piece, Bleach e Naruto per nominare solamente quelli che anche in Italia hanno davvero spopolato. Il loro segreto? Avventura, fantasia, romanticismo, fiumi di personaggi e storie parallele; stagioni su stagioni, la grande voglia o forse il non coraggio di mettere un punto a storie che sempre più spesso vanno a protrarsi in archi di tempo davvero troppo lunghi. Il manga che diventa anime, il successo garantito, l'idea vincente che dopo anni perde il suo perché, la scimmia antropomorfa Son Goku a bordo della sua nuvola d'oro tratta dalla letteratura classica cinese che trova oggi a battersi trasformata in super saiyan contro Majin Bu (?).

Kamui
Eppure tutto dovrebbe trasmettere un messaggio.
Tutto. Anche il solo scopo di intrattenere e divertire dovrebbe portare in sé, anche se minuscolo, un bagaglio di insegnamenti, piccole perle di saggezza. Ispirazione.
Si vuole ascoltare una favola superbamente narrata per cogliere la morale che contiene. Di morale oggigiorno se ne vede ben poca. Forse perché è fuori moda, forse perché non ne abbiamo più bisogno.  Gli anime prodotti negli ultimi quindici anni sono qualcosa di stupendo dal punto di vista tecnico, un prodotto dal forte impatto visivo in grado di trascinare uno spettatore senza che nemmeno esso se ne
accorga. Destano interesse accompagnato dall'immancabile voglia di sapere cosa accadrà nell'episodio successivo. Sono delle calamite certo, ma il contenuto, se sbucciamo quella scorza di spettacolarità e suspence, è “poco”.  Non fraintendete, il contenuto non deve essere per forza amore, amicizia o insegnamenti.
Il contenuto è anche arte.
Allora andiamo oltre. Facciamo un salto nel tempo fino agli anni dove questo mercato sfornava novità esclusive e la produzione non era così sterminata
E' il caso in cui le radici sono più dolci dei frutti. E' l'arte del passato, la storia arricchita da avventura, dramma e poesia.
E' Sanpei Shirato.
E' l'invincibile ninja Kamui.
Sanpei Shirato è l'Alessandro Manzoni dei manga/anime: fa romanzi storici. Cosa significa? Per chi non lo sapesse (o ricordasse) il romanzo storico è un genere, un’affascinante mix di realtà e invenzione che ha per tema –o meglio cornice- un periodo storico realmente esistito dove sono posti all’interno personaggi di fantasia ai quali spetta scontrarsi con le caratteristiche e i disagi derivanti da quel determinato periodo.
Ecco, Sanpei Shirato fa tutto ciò, e lo fa maledettamente bene.
In Italia è famoso specialmente per il famigerato anime “Sasuke il piccolo ninja”, ma anche se qui non ottenne lo stesso successo “L’invincibile ninja Kamui” (忍風カムイ外伝 Ninpū Kamui Gaiden) venne trasmesso per la prima volta su Rete 4 nel 1982.
La prima TV giapponese risale però al 1969. La serie conta soltanto ventisei episodi dalla classica durata di venti minuti circa. Chi è Kamui? Un ninja direte voi! Risposta vagamente esatta ma tecnicamente imprecisa.
Kamui è un nukenin: un ninja disertore. Un ninja che per qualche motivo è stato espulso oppure ha abbandonato il suo clan.
Siamo nell’ epoca Edo/Tokugawa (1603-1868). Questo periodo trova la massimizzazione del sistema di caste, si potrebbe vagamente pensare al nostro medioevo. Il potere era concentrato nelle mani di ricchi proprietari terrieri che spadroneggiavano sulla povera gente (come i contadini per eccellenza).
I potenti spesso per raggiungere i propri scopi si servivano di clan ninja. Un ninja è un “super uomo” che ha votato la propria vita all’allenamento del corpo e dello spirito; padroneggia le più avanzate tecniche di combattimento corpo a corpo ed è in grado di utilizzare con maestria ogni tipo di arma, senza contare l’utilizzo della arti magiche (tecniche di illusione). Ogni clan ha un consistente numero di ninja ed un capo che ha potere decisionale assoluto.
Un ninja però, nonostante tutte queste doti impressionanti, altro non è che uno strumento al servizio dei potenti, un mercenario senza bandiera che presta la sua abilità per scopi quasi sempre poco nobili (furto, omicidio, spionaggio etc.).
E Kamui questo lo sa.
Dopo anni di esperienza il giovane ninja decide di scappare; va via da quell’ unico aggregato che forse poteva addirittura chiamare famiglia.
Scappa dal clan Iga. Il suo ex capo, il vecchio Tennin, non può permettere di sopravvivere all’ oramai nukenin e decide perciò di scagliargli contro quelli che un tempo furono i suoi compagni.
Membri del clan Iga, Avversari di Kamui
Ed è qui che comincia il viaggio, è qui che inizia quell’ avventura grigia, pregna di emozioni soffocate ma al contempo così intense.
La vita per Kamui diverrà un perenne viaggio tratteggiato da brevi soste nei villaggi più disparati, ed è qui che Shirato sprigiona appieno la cornice, il volto di quell’epoca segnata da tristezza, rabbia e povertà. Uomini e donne annientati nel loro essere perché rassegnati ad una vita di stenti, impossibilitati ad alzare la testa e a ribellarsi. Kamui è qualcosa di più però, ma sostanzialmente come loro. Questa è una riflessione dello stesso protagonista, ma sorge spontanea, poiché nonostante le sue abilità e le sue tecniche omicide, è costretto a vivere all’insegna della fuga.
Essere perennemente braccato da ninja che puntualmente verranno sconfitti ad ogni episodio lo porterà a raggiungere uno stato di diffidenza verso tutto il genere umano. Il nemico potrebbe essere chiunque (vista anche le capacità di camuffarsi dei ninja) ed e così che arriverà addirittura ad uccidere degli innocenti.
Anche se quasi tutti gli episodi sono autoconclusivi, appaiono anche dei personaggi che hanno uno spessore notevole pure se presenti per una puntata soltanto. Oltre ad avversari temibili che a parte le nuove mosse segrete sono sempre circoscritti all’esecuzione di Kamui, si possono trovare donne affascinanti con una triste storia alle spalle: donne che soffriranno a causa sua perché innamorate di lui o coinvolte con esiti drammatici nelle sue battaglie. Più di una volta saranno presenti altri ninja disertori che vedono in Kamui una speranza di salvezza, un leader capace di unire poveri diavoli alla ricerca della libertà. Non si può dimenticare il piccolo Ryuta (nei primissimi episodi) che vede in Kamui un esempio da seguire per la sua forza, oppure l’importanza dell’amicizia e la valorizzazione del rapporto uomo-animale (si pensi ai suoi falchi Hayate o Haygate)
Kamui e il suo fedele Hayate
visto come nodo indissolubile di fedeltà. Apprezzabile anche il tentativo di apportare una piccola vena comica in alcuni episodi, con il personaggio del vecchio Hansuke: un ninja ormai troppo vecchio e maldestro per sfidare Kamui e deriso dall’intero clan Iga (motivo per il quale diserterà anche lui).
Il personaggio di Kamui infine è maestoso. Forte, brillante e giovane ma in egual misura intelligente e saggio. Sicuro di ogni sua mossa e tecnica, strategicamente impeccabile, ma con occhi sempre colmi di tristezza. Impedisce a Ryuta di seguirlo nel suo viaggio perché vuole impedirgli di commettere il suo stesso errore: non vuole che il ragazzino sacrifichi la sua vita alla causa dei ninja. Una causa priva di un vero fine. Il mistico significato della parola “ninja”, un po’ come quello di “samurai”, viene smascherato e Sanpei
Il piccolo Ryuta
Shirato, attraverso questo sottile modo di vedere il mondo con gli occhi Kamui lo priva di quell’essenza. Capisce che elementi come la marzialità della setta, il metodico agire e i codici d’onore, anch’essendo concetti raffinati e di assoluta rispettabilità, sono posti al servizio del vuoto. Si annullano. E’ un quadro perfetto: una tavola realizzata su una base priva di consistenza. Questi valori che Kamui incarna perfettamente sono smorzati da un forte senso di libertà e giustizia. “Giustizia” però non è intesa nella classica accezione, il nostro nukenin non è un paladino. Non è un eroe. Commette i suoi errori, sa essere distratto e vile ed il suo scopo non è quello di salvare il Giappone dai problemi dell’epoca. Si pone a difesa dei più deboli solamente quando è invischiato in una situazione che lo possa permettere.
E’ un fuggiasco, come il titolo della prima puntata ci suggerisce. Scappa senza avere una meta precisa, vuole allontanarsi per assaporare quell’utopia chiamata libertà eppure non lo fa con fresco entusiasmo. Perché Kamui si muove ma è sempre fermo. Si trova sempre al punto di partenza e la serie questa situazione ce la ripropone all’infinito. Trova un amico -che sia un bambino o un animale, un disertore o una donna- che gli fa credere di trovare equilibrio e felicità, ma puntualmente lo perde. E inizia di nuovo il viaggio, da capo: solo, braccato, triste e sempre con meno speranza.
E’ una storia drammatica.
Un bambino potrebbe apprezzare solamente i combattimenti, ma entrare interamente nel vivo della storia implica un certo grado di maturità. E’ un romanzo, perché enfatizza e manifesta emozioni all’ennesima potenza. E’ storia  vera dove si vede il classico schema di disgraziati calpestati da personaggi facoltosi ma privi di nobiltà d’animo, il tutto però con i costumi e gli usi di un Giappone che non perde il suo irresistibile fascino orientale.
La scelta dei colori cupi, il decantato utilizzo del sangue, le animazioni incredibilmente fluide difficili da attribuire a quel 1969 accompagnate da musiche di alto livello e drammaticità, danno una voce a questo anime che tutt’ora si fa sentire.
Nukenin

E’ troppo diverso da ciò che siamo abituati a vedere oggi, eppure quello stile grezzo ha una certa familiarità e sa trasmettere emozioni. Sa donare quegli elementi di cui parlavo all’inizio. Insegna ad apprezzare la vita e la libertà di ogni singolo momento. Insegna ad apprezzare il viaggio e non la destinazione. Già, perché alla fine di ogni viaggio purtroppo c’è e ci sarà sempre la morte: ciò che c’è prima è sempre vita, ed è sempre meravigliosamente drammatica finché vissuta con l’ardore. L’ardore di Kamui che porta sempre con sé la sua katana. Una spada.
Una spada a difesa di tutta la vita, di ogni giorno conquistato lottando e non arrendendosi mai.
Una vita portata ai limiti della carne e dello spirito.

FedereZ




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